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Istituto dei Ciechi

Opere Riunite "I. Florio – F. ed A. Salamone" Palermo



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Laboratorio dell’arte teatrale

Il Laboratorio “L’Arte Teatrale” è inserito nel progetto “Non vedo differenze.Benessere e autonomia” dell’Istituto dei Ciechi “I. Florio – F. ed A. Salamone” .

Destinatari

Il laboratorio si rivolge a soggetti con disabilità visiva, di ogni età, inseriti presso l’Istituto dei Ciechi “I. Florio – F. ed A. Salamone”. Inoltre potranno beneficiare contestualmente delle attività laboratoriali, fino alla misura del 30 % , soggetti con disabilità visiva non inseriti nella struttura.

Parlare di animazione teatrale è parlare di modalità comunicative, di trasmissione di contenuti culturali, di sentimenti, di emozioni; è rispondere al bisogno dell’uomo di esprimersi, di raccontare e raccontarsi sul piano fantastico.

Il teatro è condivisione, incontrarsi con l’altro. L’esperienza teatrale è, infatti, tipicamente comunitaria e non può non coinvolgere l’entità gruppo.

Il teatro è comunicare, e la comunicazione ingloba le svariate facce dell’espressività. Innanzitutto si esprime con:

  • La parola, che gioca un ruolo importante nell’interazione e nello scambio con l’altro;
  • Il gesto, con il suo corredo di azioni e di atti motori che diventano il linguaggio della gestualità.

Esiste, infatti, un mondo espressivo di grande importanza per le persone che vedono, che si trasmette attraverso il linguaggio del corpo.

La maggior parte dei nostri utenti sperimentano, però, una difficoltà nell’acquisizione di un repertorio di gesti adeguati spendibili nelle diverse situazioni sociali e difficoltà nel riconoscimento e nell’utilizzo spontaneo della gestualità.

Difficoltà e limiti che si originano fondamentalmente nella restrizione o nella mancanza della percezione visiva che, bloccando il processo imitativo, rende più difficoltosa e complessa l’insorgenza e l’apprendimento spontaneo di comportamenti gestuali – sociali codificati.

La scelta di proporre la tecnica della drammatizzazione, agli utenti con gravi deficit visivi, risulta una proposta privilegiata per migliorare ed arricchire il corredo di competenze sociali, che completano “l’essere insieme”.

Infatti, l’introduzione di un teatro creativo può fornire una risorsa straordinaria al loro processo di apprendimento sia nel contesto sociale ed educativo perché:

  • Promuove un’integrazione competente attraverso la scelta e la stesura delle singole parti e la distribuzione dei ruoli.
  • Promuove un apprendimento cooperativo nella ricerca dei contenuti da rappresentare, contenuti che però devono essere adeguati alla situazione del gruppo dei soggetti non vedenti.
  • Incentiva il rispetto delle regole sociali, dell’alternanza dei turni all’interno del discorso; il ragazzo impara a recitare la parte assegnata e ad intervenire nel dialogo al momento giusto.
  • Favorisce l’acquisizione di abilità verbali, motorie e forme di espressioni sempre nuove e diverse.
  • Permette di consolidare l’autostima e la sicurezza di sé.
  • Arricchisce la sensibilità personale, rinforza lo scambio interpersonale e l’appartenenza al gruppo.
  • Stimola le capacità creative e la condivisione delle emozioni.

Non basta però inserire l’utente non vedente in una scena, collocarlo sul palcoscenico, per affermare che anche lui partecipa ad una recitazione. È necessario sviluppare strategie ed interventi che gli facilitano l’appropriazione di quelle condotte di relazione, indispensabili nella messa in opera di un racconto teatrale.

È importante che l’esperto comprenda che, proporre ai soggetti non vedenti l’attività di drammatizzazione, non significa solo stimolare espressioni spontanee, libere associazioni, invenzioni di trame, ma è innanzitutto un percorso di crescita interiore e personale, è la scoperta che la propria creatività può essere condivisa nel gruppo.

Solo così l’animazione teatrale diventa, per i soggetti disabili visivi, un percorso didattico. L’esperto deve partire dalla consapevolezza che per costruire le capacità teatrali è necessario formare dapprima i prerequisiti attraverso una pedagogia del teatro, una metodologia specifica che:

  • Faccia crescere nel soggetto disabile visivo il suo mondo emozionale ed espressivo.
  • Lo aiuti a sviluppare il pensiero divergente e lo metta in grado di trasmetterlo con modalità sociali comprensibili e condivisibili.

Il teatro, come esperienza creativa è patrimonio di un gruppo e della struttura, richiede la capacità di interagire con gli altri attraverso l’uso scenico della finzione.

È una proposta didattica-metodologica che, se non utilizzata sporadicamente, ma come canale educativo, attraversa i diversi ambiti disciplinari e ne completa i contenuti.

Nella stesura dei piani educativi spesso sono sottolineati i soli obiettivi accademici dimenticando di focalizzare l’attenzione su programmi che strutturano e rinforzano lo scambio sociale all’interno del gruppo.

Per i soggetti non vedenti fare teatro è anche scoprire il piacere di esprimersi, di diventare esploratori di un racconto, di analizzare e approfondire il nucleo narrativo dell’autore, assumere il ruolo di tradurre e comunicare in parole e in azioni il pensiero di uno scrittore.

Il teatro è racconto in azione, è forza della parola, ma contemporaneamente è anche forza e pregnanza del gesto.

La gestualità, le condotte non verbali che caratterizzano il ricco corredo di abilità sociali nei compagni vedenti, viene però a mancare nel bambino non vedente.

È possibile allora per il ragazzo non vedente fare teatro, agire in scena, muoversi su un palcoscenico, trasmettere anche con gesti il contenuto del dialogo.

L’utente che non vede deve partire equipaggiato per condividere con i colleghi una effettiva e positiva compartecipazione.

Spesso è usuale che agli utenti che partecipano ad un laboratorio teatrale venga quasi sempre attribuito il ruolo di narratore, di voce fuori campo che descrive e completa un dialogo, una storia.

Compito importante, ma fortemente riduttivo, nelle opere teatrali. Sporadicamente può essergli attribuito anche un ruolo di attore ma il suo personaggio in scena è caratterizzato dalla mancanza di gesti e di azioni.

Il gesto, la postura, l’espressione facciale non sono patrimonio del suo personaggio e spesso la sua staticità rischia di essere letta come un abito correlato alla sua disabilità, limitando contemporaneamente le sue potenzialità.

È necessario, quindi, prima di iniziare l’avventura teatrale, invitare l’esperto e gli utenti ad una riflessione.

Se l’attività drammatica può e deve essere un ottimo strumento di integrazione, una tecnica che può migliorare le condotte relazionali e i rapporti di scambio tra i soggetti con disabilità visiva, rinforzando la coesione del gruppo stesso, infatti non è possibile prescindere da una pedagogia dell’animazione e da un’educazione al gesto.

Per un teatro che si possa definire davvero per tutti occorre analizzare e affrontare didatticamente le categorie che risultano problematiche:

  • Spazio e movimento.
  • Schema corporeo e gestualità.

Spazio e movimento

Lo spazio palcoscenico rappresenta per l’utente che non vede un enigma, per la difficoltà a controllare e dominare il contesto spaziale scenico.

La conoscenza dello spazio richiede la capacità di decentrarsi, proiettarsi mentalmente in un ambiente, e viverlo autonomamente.

Questa conquista avviene inizialmente con la presenza dell’esperto che utilizza:

  • Un linguaggio descrittivo per illustrare gli ambiti spaziali e funzionali dell’ambiente in cui si opera, si agisce.
  • Un linguaggio evocativo che permette agli utenti di ricordare spazi simili precedentemente conosciuti e fare analogie.
  • Un linguaggio anticipatorio che permette di trasformare di fronte ad una realtà sconosciuta un comportamento difensivo in un atteggiamento appropriativo.

Per trasformare un ambiente ignoto in ambiente conosciuto è necessario che l’esperto:

  • Promuova una conoscenza dello spazio scenico attraverso una esplorazione guidata, organizzata e sistematica, non casuale, utilizzando la metodologia già consolidata della definizione dei punti di riferimento, della tecnica perimetrale e della tecnica a rete, per la padronanza dell’intera superficie.
  • Predisponga lo spazio scenico come spazio strutturato, per bloccare l’insorgere di movimenti disorganizzati e rigidi, dovuti alla casualità dei percorsi e la casuale distribuzione degli arredi.
  • Suddivida la superficie in spazi circoscritti, utilizzando materiali che permettono una veloce identificazione, il riconoscimento funzionale, e contemporaneamente consenta di evitare degli ostacoli.
  • Utilizzi, sulla pavimentazione, tracce in rilievo come guida sensoriale che delimitando la superficie calpestata garantiscono al ragazzo un movimento sicuro, una sua corretta collocazione spaziale, aiutandolo ad una facile lettura dei rapporti spaziali intercorrenti fra sé e gli altri personaggi, fra un’ambientazione e l’altra, fra un oggetto e l’altro.

Pianifichi l’uso di materiali:

  • Per dare la possibilità di dominare lo spazio.
  • Per effettuare gli spostamenti richiesti dalle scene.
  • Per controllare i cambiamenti dovuti alle modificazioni.

È indispensabile costruire un modellino tridimensionale del palcoscenico e i modellini degli arredi utilizzati per permettere un controllo ed una costruzione mentale delle singole scene.

Utilizzare piccoli oggetti con funzione di attori che, collocati correttamente, danno al ragazzo la consapevolezza della sua posizione e di quella dei suoi compagni sul palcoscenico in ogni sequenza del dramma e una padronanza globale della loro distribuzione spaziale.

Importante è anche l’utilizzo del piano di gomma che permette di tracciare e leggere gli spostamenti vissuti e rappresentati in pianta. L’utente attraverso la lettura delle scene, rappresentate sul modello tridimensionale, e la verifica degli spazi e dei percorsi tracciati in rilievo è in grado successivamente di ricostruire a livello immaginativo le scene e di anticiparle mentalmente.

È necessaria la ripetizione dell’esperienza diretta dell’esplorazione e della successiva rappresentazione dell’ambiente, se si vuole garantire all’utente la corretta rappresentazione mentale dello spazio esplorato e un orientamento autonomo.

È da potenziare inoltre la percezione uditiva spaziale che permette di discriminare, riconoscere, orientarsi e riorientare, di valutare attraverso la memoria uditiva la distanza del compagno basandosi sulla voce, sui rumori che provoca.

Schema corporeo e gestualità

Il linguaggio è accompagnato da un complesso di segnali non verbali, vocali, gestuali, che incidono sul significato della comunicazione.

L’esperto comunica i messaggi attraverso la voce, l’utente è, invece, infinitamente più sensibile al linguaggio mimico, gestuale ed affettivo.

Le caratteristiche dei comportamenti gestuali e motori assunti, creano un linguaggio comunicativo, non imitabile dei soggetti non vedenti o ipovedenti gravi rischiando di chiuderli in una dimensione estranea al gruppo.

Realizzare i contenuti teatrali con le mani, le braccia, il corpo, i gesti e le azioni, permette al nostro utente, sia di rinforzare il contenuto del messaggio verbale, sia di trasmetterlo con un corredo di gesti condivisibili e interpretabili dai soggetti che frequentano il laboratorio.

L’esperto deve, quindi, per far superare agli utenti disabili visivi lo svantaggio iniziale:

  • Lavorare sulla corporeità.
  • Promuovere condotte motorie funzionali al racconto.
  • Insegnare le posture e le abilità comunicative comuni, attraverso il vocabolario del corpo.

L’utente disabile visivo non vede gli atteggiamenti, le posizioni dei compagni e spesso si pone nei loro confronti assumendo modalità corporee inadeguate.

Recitare con i colleghi significa sollevare e dirigere il volto orientando il viso verso l’interlocutore, verso la fonte sonora, abilità che il “fare teatro” educa permettendogli di spenderle successivamente nel quotidiano.

Il non collocarsi verso chi parla, infatti, è letto spesso dai coetanei come un non desiderio di comunicare, di voler abbreviare o chiudere una conversazione, limitando così l’interscambio.

Non orientarsi fisicamente verso la sua direzione determina a volte, da parte del collega vedente comportamenti di allontanamento.

Nello stesso tempo è importante che vengano appresi i gesti funzionali e intenzionali che accompagnano la frase per sottolinearne l’intensità, ed imparare ad adattare i gesti all’obiettivo e al contenuto narrativo.

Non potendo poi controllare i propri movimenti e quelli dei compagni nell’esecuzione dei loro ruoli lo rende fisicamente più rigido.

È necessario lavorare sull’espressività, che comunica emozioni, e il viso è una delle parti più espressive all’interno della comunicazione sia verbale che non verbale.

Nel viso sono riflesse le emozioni, il nostro mondo interiore, la stessa mimica facciale trasmette all’interlocutore metà messaggi, alcune di queste espressioni facciali sono di carattere universale, altre sono il risultato dell’apprendimento.

Un’adeguata espressività del viso e un adeguato corredo gestuale, rendono più vivo e partecipativo il ruolo assunto, oltre a migliorare la competenza sociale nei rapporti interpersonali e nelle dinamiche relazionali coi coetanei.

Occorre far sfiorare il viso del compagno per leggere la plasticità del suo volto, esplorare tattilmente le contrazioni muscolari del suo viso per poi imitarle, ripeterle su di sé.

Per insegnare all’utente ad esprimersi con una gestualità adeguata al contenuto verbale è importante che l’adulto descriva con un linguaggio preciso gli schemi motori richiesti dalle azioni, ma è altrettanto importante che le parole non sostituiscano una analisi diretta, la lettura fisica del gesto attuato e della mimica.

La metodologia teatrale richiede l’introduzione di tecniche specifiche quali il modeling, il modellamento fisico diretto sul ragazzo, per impostare le posture, i gesti da assumere, per leggere attraverso la guida fisica dell’adulto gli stessi gesti e posizioni dei colleghi, che gli permettono di controllare la loro attività e uniformare la sua gestualità alla loro.

Tecniche che vanno ripetute più volte affinché ogni gesto vissuto ed esplorato si sedimenti nella memoria muscolare e si riattivi correttamente nel contesto giusto. Deve diventare soprattutto patrimonio comunicativo per tutti i soggetti non vedenti all’interno delle loro possibilità.



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