L’esperienza stenopeica con i nostri allievi

L’Istituto dei Ciechi “Florio e Salamone” di Palermo, in collaborazione con l’Association Dialogue de l’Image di Parigi, ha effettuato il primo atelier fotografico stenopeico, interamente realizzato con allievi non vedenti ed ipovedenti.

Le foto sono state eseguite dal 12 al 22 Luglio 2010, per le strade, i monumenti ed i mercati della città da: Filomena Autiero, Elena Iacob, Nino Pillitteri, Tiziano Ferraro, Vincenzo Benigno, Stefano D’Alessandro.

Sono state realizzate circa 40 foto e le stesse sono state esposte il 23 e 24 Luglio 2010 nella villetta dell’Istituto.

Ad accogliere i visitatori a spiegare le tecniche e gli strumenti fotografici utilizzati, sono stati gli stessi “fotografi”non vedenti ed ipovedenti che hanno allestito la mostra « Alla scoperta di Palermo ».

Quelle che seguono sono le impressioni ed i pensieri raccolti a « vivo » fra tutti gli allievi partecipanti e sono il termometro del loro grado di partecipazione e coinvolgimento totale in questa fantastica esperienza.

“Per me la fotografia non è solamente fare la foto di un momento, ma pensare che chi la guarda deve immaginarsi lì dentro”

“Scoprire la città non è solamente fotografare un monumento, ma cogliere l’invisibile, ciò che non si vede”

” Se una foto non ha un’anima non è una foto”

” Una foto può dire tutto. Può essere una questione di secondi o di ore. Dipende dalla sensibilità della persona che la guarda. Senza sensibilità la foto non è che un pezzo di carta”

“Sono sicuro che desteremo una grande curiosità tra le persone di Palermo”

“Sono ritornato a 30/40 anni fa, mi sentivo l’età che avevo allora, mentre facevo il pane. Ora sono fuori da quel quartiere, ma il fatto di riportarvi la, mi ha reso felicissimo. Sensazioni indescrivibili ero emozionatissimo. Tocchi il profondo, il tuo intimo”

“La piazza, quella piazzetta per i palermitani è come un monumento. Tutti la conoscono. Il leone invece mi ricorda quando ero bambina e facevo la foto sul leone”

“E’ l’esperienza, l’emozione che provi in quel momento che rimane, non la medaglia”

“Ho visitato una piazza che non avevo mai visto. Mi è piaciuto fotografare i poliziotti perchè se ci avessi visto avrei fatto il poliziotto”

“Mi sono rivisto in quella piazza quando ero ragazzino con la bici ed i pantaloni corti facevo il giro della piazza. Mi ricordo anche di una ragazzina con il neo grande che avevo conosciuto proprio lì. Ho rivisto un film antico”

“Quando Felice ci ha detto di partecipare a questo progetto lo abbiamo preso per pazzo”

“Sorprendiamo noi stessi”

“Non sono io che guardo il mare è lui che mi guarda”

“In questo mondo, chi non si avvicina al nostro mondo non vede, rimane al buio, non sa”

“All’inizio le persone provano paura, disagio, la paura di chi vede”

“Ogni volta che salgo sull’autobus con mia moglie, tutte le persone dicono a mia moglie:lo faccia sedere, lo faccia sedere. Questa cosa mi fa arrabbiare perchè di certo non ci vedo, ma le gambe le ho”

La camera stenopeica

La camera oscura stenopeica è la più semplice macchina fotografica che esista. Il suo nome deriva dall’antico greco e significa «piccolo buco». Si tratta infatti di un barattolo di latta con un buco piccolissimo sul davanti. Grazie a questo minuscolo foro del diametro di neanche un millimetro, i raggi solari incrociandosi penetrano all’interno. L’immagine che si proietta nel fondo del barattolo è così invertita, da destra a sinistra e dall’alto in basso. La forma rotondeggiante del barattolo conferisce poi alla camera stenopeica una accentuata distorsione.

Per evitare i riflessi l’interno del barattolo è dipinto di nero. All’interno d’una camera oscura, si mette dentro il barattolo un foglio di carta fotografica con una sensibilità poco elevata (circa 3 ISO). Questo significa che la sua reazione alla luce è debole. Il foglio si impressiona lentamente e la fotografia necessita quindi di lunghi tempi di posa. Una volta chiuso il barattolo col coperchio e tappato il buco con un adesivo nero, la camera stenopeica è pronta all’uso.

Dopo aver misurato la luce con l’aiuto di un esposimetro si fissa il barattolo per terra, si calcola l’angolo dell’inquadratura con le mani visto che non c’è mirino, poi si toglie l’adesivo dal buco per un tempo che può variare da dieci secondi a molte ore.

Ritornati in laboratorio, si toglie dall’interno della camera il foglio esposto e si sviluppa successivamente nei tre bagni per il bianco e nero: rivelatore, bagno d’arresto e fissatore. Così si ottiene un negativo su carta. Il positivo si ottiene ponendolo a contatto con un altro foglio di carta fotografica vergine e illuminandolo sotto una fonte luminosa.

L’Association Dialogue de l’Image

sito web: www.stenope.net

Provenienti da orizzonti diversi, fotografi, reporters e insegnanti si sono riuniti nella Associazione Dialogue de l’Image per far condividere la loro esperienza con giovani di tutto il mondo, utilizzando lo strumento fotografico più elementare: la camera stenopeica, un semplice barattolo di latta con un buco.

Creata nel 1991, l’Associazione ha condotto i primi laboratori fotografici con la camera stenopeica nella banlieue parigina. Da allora molti altri si sono sviluppati attraverso la Francia, l’Europa e a livello internazionale.

Dall’agosto 1998 al novembre 2000, sponsorizzati dalla «Missione per l’anno 2000», Dialogue de l’Image ha effettuato il giro del mondo in veliero nel quadro del progetto «Nel segno di Magellano». Ripercorrendo il viaggio del celebre navigatore, ad ogni scalo sono stati realizzati dei laboratori di fotografica stenopeica con i ragazzi del luogo. Il risultato di questo lavoro è stato oggetto d’un libro e di una mostra nel 2001 alla Grande Arca della Difesa a Parigi e al Festival Internazionale di Biarritz.

Dal 2002 al 2003 è stata la volta del Mediterraneo. Marsiglia, Barcellona, Beyrouth, Istanbul, Fez, Corinto& I ragazzi di undici paesi dello spazio Mediterraneo hanno potuto ritrarre le loro città attraverso la camera stenopeica. Questo progetto, patrocinato dall’Unesco e sostenuto dal Ministero degli Affari esteri francese, è stato esposto alla sede dell’Unesco a Parigi nell’aprile del 2004.

In seguito, Haïti, Costa Rica, Vietnam, Portogallo, Angola, Giordania, Guinea Equatoriale, Grecia, Senegal, Spagna ed oggi anche l’Italia.